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Progetti didattici

LAGRIME MIE

Benedetta Gaggioli, soprano
Carlo Pernigotti, clavicembalo

Barbara Strozzi

L’Astratto
da Arie consacrate all’Altezza Serenissima di Madama Sofia(Venezia, 1664) op. 8 n. 4

Amore dormiglione
da Cantate, ariette e duetti, opera seconda consacrata alla Cesarea Maestà di Ferdinando Terzo(Venezia, 1651) op. 2 n. 22

Lagrime mie
da Diporti di Euterpe, overo Cantate e Ariette a voce sola consacrate all’illustrissimo et eccellentissimo signor Nicolò Sagredo(Venezia, 1659), op. 7 n. 4

Sino alla morte
da Diporti di Euterpe, op. 7 n. 1

Giusta negativa
da Cantate, ariette e duetti, op. 2 n. 26

La, sol, fa, mi, re, do
da Cantate, ariette e duetti, op. 2 n. 25

Da sempre fortemente motivata alla passione per la musica, Benedetta Gaggioli presto intraprende lo studio del canto presso la Scuola di Musica T. Mabellini di Pistoia sotto la guida del soprano Elena Bartolozzi. Nel 2013 si diploma brillantemente in Canto lirico presso il Conservatorio B. Maderna di Cesena. Approfondisce, attraverso numerosi masterclasses e corsi, il repertorio operistico con Mariella Devia, quello rinascimentale con Lia Serafini e il repertorio contemporaneo con Alda Caiello. Attualmente si sta perfezionando con Ottaviano Tenerani e Rossana Bertini presso l’Accademia Internazionale G. Gherardeschi. Durante i suoi studi si esibisce nel ruolo di Serpina ne La serva padrona e Belinda in Dido and Aeneas e vince alcune borse di studio. Approfondisce un vasto repertorio cameristico dal romanticismo fino alla musica contemporanea e nel 2018 vince il primo premio al concorso internazionale Crescendo; inoltre, con il pianista Giovanni Guastini, forma il Duo Ghirigoro con il quale partecipa a festival e concerti sia in Italia che all’estero. Ha all’attivo numerosi concerti per varie associazioni ed enti, sia come solista che in ensemble polifonici come La voce delle Muse diretto da Paolo Pacini con il quale esegue un vasto repertorio rinascimentale e barocco interpretando anche la figlia di Jephte nell’ononimo oratorio di Carissimi e con Tuscae Voces diretto da Elia Orlando con il quale registra un disco di madrigali per la Tactus, di prossima uscita.
Dal 2018 collabora con uno dei più importanti enti lirici, il Maggio Musicale Fiorentino, come Artista del coro ed viene scelta come Solista per lo Stabat Mater di Pergolesi. Collabora con la Camerata Strumentale Città di Prato e con la Fondazione Promusica di Pistoia come solista in numerosi eventi e concerti tra cui i Chichester Psalms di Bernstein, lo Stabat Mater G532 di Boccherini, alcune cantate di Bach e numerose composizioni contemporanee. Nel 2019 partecipa al Early Music Tuscan Festival, organizzato da Auser Musici, eseguendo un concerto insieme al tiorbista Giovanni Bellini nella Chiesa della Spina a Pisa e vince l’audizione del Teatro Verdi di Pisa per il ruolo di Proserpina ne L’empio punito di Alessandro Melani, debuttando in ottobre (nel 2020 è uscito il cd pubblicato da Glossa).

Carlo Pernigotti, diplomatosi in pianoforte a Lucca (1993) ed in clavicembalo a Firenze (2006), ha svolto negli anni un’intensa attività concertistica con entrambi gli strumenti, alternando performances solistiche e collaborazioni con orchestre, ensembles da camera e solisti.  Per quanto riguarda lo studio del clavicembalo e della prassi esecutiva antica, deve la sua formazione ad Ottaviano Tenerani, sotto la cui guida ha conseguito il diploma in clavicembalo al Conservatorio di Firenze e ha seguito corsi di perfezionamento al Conservatorio di Siena, all’Accademia Internazionale d’Organo “Giuseppe Gherardeschi” di Pistoia e all’Accademia Strata di Pisa. Nel corso degli anni ha inoltre approfondito vari aspetti del repertorio seguendo corsi di perfezionamento di clavicembalo solista – principalmente negli storici corsi di musica antica di Urbino e Bolzano – con A. Baiano e G. Murray e di musica da camera con M. Noferi, A. Perugi, N. Peres Da Costa, C. Astronio e A. Fedi, esibendosi in numerose occasioni sia come solista (da ricordare l’esecuzione integrale delle Invenzioni a tre voci e delle Variazioni Goldberg di Bach) che come continuista in complessi cameristici ed orchestrali tra cui Anima Mundi ConsortAuser Musicil’Orchestra Arché. Negli ultimi tempi, grazie alla disponibilità dell’Accademia Internazionale d’Organo “Giuseppe Gherardeschi” di Pistoia, ha intrapreso anche lo studio di pianoforti storici, presentando, fra le altre occasioni, un’esecuzione integrale della Winterreise di Schubert. con il baritono Stefano Busellato. sulla copia del fortepiano Walter (1790) di proprietà dell’Accademia .

8 LUGLIO 2021 – ore 18.30 – Pistoia
Chiesa di s. Ignazio di Loyola 

Ingresso libero
info – tel. 0573 28787
didattica@ilrossignolo.com info@accademiagherardeschi.org

ACCADEMIA INTERNAZIONALE
D’ORGANO E MUSICA ANTICA
GIUSEPPE GHERARDESCHI
DIPARTIMENTO DI MUSICA D’INSIEME

Piazza Spirito Santo 8, Pistoia

TESTI

L’Astrattoop. 8 n. 4 (testo di Giuseppe Artale)

Voglio, sì, vò cantar: forse cantando
Trovar pace potessi al mio tormento;
Hà d’opprimere il duol forza il concento.
Sì, sì, pensiero, aspetta,
A sonar comintiamo,
E a nostro senso una canzon troviamo.

“Hebbi il core legato un dì
D’un bel crin…”
La stracerei: subito ch’apro un foglio
Sento che mi raccorda il mio cordoglio.

“Fuggia la notte e sol spiegava intorno…”
Eh, si confondon qui la nott’ e’l giorno.

“Volate, o Furie,
E conducete
Un miserabile
Al foco eterno…”
Ma che fo nell’inferno?

“Al tuo ciel, vago desio,
Spiega l’ale e vanne…”
A fè, che quel che ti compose
Poco sapea dell’amoroso strale:
Desiderio d’amante in ciel non sale.

“Goderò sotto la luna…”
Hor questa sì ch’è peggio!
Sa il destin degl’amanti, e vuol fortuna.

Misero, i guai m’han da me stesso astratto,
E cercando un soggetto
Per volerlo dir sol cento n’ho detto.

Chi nel carcere d’un crine
I desiri ha prigionieri,
Per sue crude aspre ruine
Ne men suoi sono i pensieri.

Chi ad un vago alto splendore
Diè fedel la libertà,
Schiavo alfin tutto d’amore,
Ne men sua la mente havrà.

Quind’io, misero e stolto,
Non volendo cantar cantato ho molto.

Amor dormiglioneop. 2 n. 22 (testo anonimo)

Amor, non dormir più!
Su, su, svegliati omai,
che mentre dormi tu
dormon le gioie mie, vegliano i guai.
Non esser, non esser, Amor, dappoco!
Strali, strali, foco,
strali, strali, su, su,
foco, foco, su, su!

O pigro o tardo
tu non hai senso,
Amor melenso
Amor codardo!
Ahi quale io resto
che nel mio ardore
tu dorma Amore:
mancava questo!

Lagrime mie, op. 7 n. 4 (testo di Pietro Dolfino)

Lagrime mie, à che vi trattenete?
Perché non isfogate il fier dolore
Che mi toglie’l respiro e opprime il core?
Lidia, che tant’adoro,
Perch’un guardo pietoso, ahi, mi donò,
Il paterno rigor l’impriggionò.
Tra due mura rinchiusa
Sta la bella innocente,
Dove giunger non può raggio di sole;
E quel che più mi duole
Ed’ accresc’al mio mal tormenti e pene,
È che per mia cagione
Provi male il mio bene.
E voi, lumi dolenti, non piangete?
Lagrime mie, à che vi trattenete?
Lidia, ahimè, veggo mancarmi
L’idol mio che tanto adoro;
Sta colei tra duri marmi,
Per cui spiro e pur non moro.
Se la morte m’è gradita,
Hor che son privo di spene,
Dhe [deh], toglietemi la vita,
Ve ne prego, aspre mie pene.
Ma ben m’accorgo che per tormentarmi
Maggiormente la sorte
Mi niega anco la morte.
Se dunque è vero, o Dio,
Che sol del pianto mio
Il rio destino ha sete,
Lagrime mie, à che vi trattenete?

Sino alla morte, op. 7 n. 1 (testo di Sebastiano Baldini)

Sino alla morte
Mi protesto d’adorarvi,
Voglio amarvi
A dispetto del tempo
E della sorte,
Sino alla morte
L’inanellato crine,
Che biondeggia superbo in masse d’oro,
Per le man dell’età divenga argento;
L’amorose rovine
Della vostra beltà ch’io tanto adoro,
Calpesti il tempo a consumarle intento.
Resti ogni lume spento
Delle pupille, e d’ostri e di cinabri
Veggansi impoverir le guance e i labri.
Pur del pensiero
Che nudre l’alma,
Havrà la palma
Il cieco Arciero.
Al desio ch’a voi s’aggira,
Che per voi sempre sospira,
Goderò del mio core aprir le porte
Sino alla morte.
Turbi la fede mia
Il tosco de gl’amanti,
La ministra de’ pianti,
L’origin d’ogni mal: la gelosia.
Servirò la tiranna
Ch’a morir mi condanna,
Tra cure ne’ martir, fra le ritorte
Sino alla morte.
Scuota la mia costanza
La nemica d’amore,
La madre del dolore,
La furia d’ogni cor: la lontananza.
In adorar costei
Con tutti i voti miei,
Mi vedrà quale Anteo sorger più forte
Sino alla morte.
Può la fortuna
Trarmi lontano,
Ma sempre invano
Gl’affanni aduna.
Aque non serba il fiume dell’oblio,
Che bastino a temprar l’incendio mio,
Poiché ad estinguer l’amoroso foco
Ci vuol un mare, anzi ch’un mare è poco.
Io so ch’alle faville degl’amanti,
Tutti i mari alla fin non son bastanti.

Giusta negativa, op. 2 n. 26

Non mi dite ch’io canti
poter d’amor, perché dirò che sete
de’ musici il flagello e degli amanti.
No no no signor no,
bocca non aprirò.
A chi cantar dev’io
s’il bell’idolo mio
lungi è da me?
Venga l’idolo mio
ch’io canto affé.

Non mi dite ch’io suoni,
forza del ciel, vi manderò là dove
non mancano altri a voi musici buoni.
No no no signor no,
tasto non toccherò.
A chi sonar dev’io
s’il bell’idolo mio
lungi è da me?
Venga l’idolo mio
ch’io suono affé.

La, sol, fa, mi, re, do, op. 2 n. 25 (testo di Giovan Battista Maiorani)

La mia donna perché canta
non vuol dir né sì, né no,
ma parlar sempre si vanta
con la sol fa mi re do.
S’io le chieggo ch’al mio cor
voglia dar mercede un dì
pria che spiri nel dolor,
mi risponde don fa mi.

Mai non canta s’io non conto
né la voce trova il tuon,
né a sonar lo stile ha pronto
se non sente d’oro il suon.
Insegnando ognor mi va
che s’a due cantar vorrò
acciò ch’ella venga al fa
intonar conviemmi il do.

Di strascini ognora ornato
vuol mirarsi il vago pie’
ed in canto figurato
sempre intona il mi fa re.
Per mostrar quant’ella sa
passegiando fa così,
suol tenersi con do la
ed andare in do re mi.

Io credeva ch’il suo canto
fosse fatto per mi sol,
ma suoi vendersi all’incanto
a colui che spender vuol,
tanto che tra noi dirò
ch’ognun canta quel che sa:
io de’ gonzi il mi sol do
lei de’ cucchi il re mi fa.